“Tutto triste, il camaleonte si rese conto che, per conoscere il suo vero colore, doveva posarsi sul vuoto.”
Alejandro Jodorowsky
Come guarire da una dipendenza? Una dipendenza qualsiasi: cibo, vizio, gioco, sesso, alcool, fumo, amore, o perfino da una abitudine…
Chi non ha dipendenze!? Tutti abbiamo bisogno di conforto, conferme, consolazione dalle durezze della vita. La dipendenza è un rifugio sicuro, anestetico, regressivo come un seno materno.
Quante donne e quanti uomini soffrono di dipendenza affettiva e neanche lo sanno!? E, quel che fa danno, lo scambiano per amore. Il bisogno di amore è il bisogno più primario e profondo che esista.
La dipendenza risponde sempre a un bisogno, un vuoto incolmabile, senza fine…
Si può sostituire con un’altra dipendenza più sana, ad esempio. A volte il corpo fa questi upgrade in automatico, quando diventa più fine e sensibile ed esige maggiore equilibrio. Ma non si elimina facilmente.
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Smetti di fumare per una settimana. Poi riprendi. Smetti di fumare per un mese. Poi riprendi. Il corpo si è disintossicato, come da una droga. Magari ora è più pulito e quindi sensibile e accetta meno la regolare intossicazione. Ma questa è la voce del corpo fisico.
Il corpo emotivo che dice? Dice “lo voglio!” Dice “Non è cambiato niente, ne ho bisogno, dammelo!”
Guarire da una dipendenza: una sfida con il corpo emotivo
La compulsione viene in origine dal corpo emotivo. È il corpo emotivo che ha bisogno di consolazione e conforto, come si diceva, di riposare, rifugiarsi, di essere riempito, di dimenticare.
Bisogna nutrire e riequilibrare il corpo emotivo, bisogna disintossicare, guarire il corpo emotivo.
La sfida, il duello, è tra la Schiavitù (il bisogno) e la Libertà (la pienezza).
Chi è veramente libero, pieno, completo?
Nessuno. Però dai… ci si può provare. Ci si deve provare.
Questa è la Strada.
Mi viene in mente la parabola degli indiani pellerossa.
Per chi non la conoscesse, in breve, questa leggenda parla di un anziano cherokee che racconta ai bimbi del villaggio come nel suo cuore alberghino due lupi, uno nero e uno bianco, che combattono una lotta incessante. Il lupo bianco è un lupo buono mentre quello nero è cattivo.
Alla domanda di uno dei piccoletti “Quale lupo vincerà”, l’anziano risponde: “Quello che nutro di più”.
La scuola degli ipnotisti del XX secolo ha imparato per esperienza e ci ha insegnato che l’inconscio non recepisce il NON.
Le arti marziali ci insegnano che quando il gioco si fa duro, quando l’avversario è particolarmente aggressivo, yang, maschile, la risposta più efficace è stare dolci e adattabili, essere yin, femminili.
Combattere per me stesso
Un problema spesso non lo posso e non lo devo affrontare di petto. Se combatto contro me stesso risulteremo entrambi feriti!
Devo combattere per me stesso. Non contro il mio male ma per il mio bene, non contro la Schiavitù e la dipendenza ma per la Libertà e la pienezza.
Devo imparare ad amarmi, rispettarmi e onorarmi, coltivare la mia forza, la mia pienezza e la mia serenità, la mia gioia, se voglio contribuire alla mia crescita personale e spirituale.
Con delicatezza, con amore, con attenzione, posso maturare come essere umano e essere sempre più adulto e meno bisognoso, sempre più giovane e in equilibrio, ricettivo e reattivo alla vita.
La Vita stessa è la Via verso la Libertà e la Guarigione.
La dipendenza non è una qualità della nostra natura divina e, a poco a poco, si staccherà da noi.
(Grazie a Patrizia Comino per l’immagine di copertina)
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1 Comment
Grazie ? Articolo molto interessante e ricco di spunti di riflessione.