A volte non si capiscono le domande fino a che non si ascoltano le risposte. Che domande stai facendo?
Osserva le risposte.
Perché continui a ricevere consensi o critiche?
Ti piace andare su e giù sulle montagne russe che gli altri (tutti e chiunque) creano per te? A me no. A te sì evidentemente. Forse tu non puoi fare a meno di essere frullato, strapazzato, esaltato, abbattuto, sfiancato, esasperato dalla vita.
Non so… pensiamoci. Perché mai dovrebbero tutti dire “bravo – bravissimo – così così – oggi bene…”. Ma andiamo! Che cos’è una commissione d’esame!? Ma come si permettono?
A una star si fanno i complimenti? A un professionista si fanno i complimenti, gli incoraggiamenti, le valutazioni? Un artista non si preoccupa di piacere o di non piacere perché questa preoccupazione gli toglie il sonno gli mangia energie e condiziona la sua esistenza che per definizione è fluire creativo in evoluzione.
Beh tutte queste persone sono al tuo servizio, rispondono, come tutto nella tua vita, alle tue energie. Loro rispondono alle tue domande.
Vado bene? Vi ho sedotto abbastanza anche oggi? Sono bravo?
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Io se mi fanno un complimento per poco non mi offendo. C’era un dubbio!? ;)
Ma anche questo è un sintomo patologico. Perché devo difendere il mio Io da venti e mare? Dagli schiaffi delle onde e perfino dalle più piacevoli brezze? Che cos’ho da difendere, da mettere in inattingibili roccaforti? Difendere da cosa? E tu, invece, più ottimista, ti dai in pasto, nudo e crudo e anche un po’ cucinato per l’occasione, pur di avere conferma della tua esistenza. Sono bello abbastanza? Mi vuoi bene? Esisto?
Ti criticano, ti attaccano, ti deridono, ti distruggono, ti ignorano, perché ti aspetti questo da loro. Questo temi. E ogni volta la ferita si riapre e sanguina. Ma è solo la tua ferita che sbatte contro tutti gli spigoli. Chiede di essere ascoltata.
Perché a una persona dovrebbe dare fastidio non ricevere consensi o ricevere critiche? Ognuno dice quello che vuole. E dicendolo non compromette la reputazione altrui, né gli affari, né la vita sociale o privata.
Perché siamo tutti schiavi di riconoscimenti (pubblici o privati) e conferme?
Siamo ancora i bambini aggrappati agli occhi distratti dei genitori.
Dobbiamo aggiornare il sistema operativo: oggi siamo adulti creatori, in esplorazione del mondo e di noi stessi.
Prendiamo le distanze dalle nostre ovvie abituali forme pensiero, quel minimo di distanza che ci permette di vederle e osservarle.

Costi quel che costi, siamo liberi di fare sbagliare sperimentare provare risbagliare, essere convenzionali e non esserlo allo stesso tempo, essere belli e bravi ed essere oltre l’essere belli e bravi, in una libertà di espressione che ha radici ben più profonde e importanti e che veicola una ricchezza molto più vasta e imprevedibile.
E solida. Non siamo in balia delle onde del consenso altrui e della nostra ansia. Come è piccola e fragile questa barchetta, sempre più ripiegata dentro i suoi limiti, dove può mai andare! Non abbiamo ansia da prestazione perché non abbiamo parametri da rispettare, ma soprattutto non abbiamo da rendere conto a nessun giudice esterno. Puoi guardare tutti “gli altri” e considerarli tutti coach: ti stimolano, ti ispirano, ti suggeriscono… con ogni loro comportamento in effetti. Non sono più grandi di te. Sono come te, con i tuoi stessi bisogni, i tuoi stessi desideri. Hanno diverso carattere, diverso modo di fare a volte, diverse esperienze. E’ arricchente confrontarsi. Non sono genitori. Non sono lì per aiutarci. Non sono lì per giudicarci.
Non sono lì per darci il permesso di essere quello che siamo e fare quello che ci pare. Nessuno ce lo darà. Non è in loro potere, non potrebbero in ogni caso. La loro autorità sociale è del tutto circoscritta e la loro autorità affettiva è fittizia come un ricatto. Alcuni magari si sforzano del contrario, si sforzano di non darti il permesso di essere “diverso” dal solito. Magari per paura che tu gli sfugga di mano si sforzeranno di dissuaderti, calmarti, frenarti, boicottarti addirittura. E se lo faranno, lo faranno solo perché tu glielo hai chiesto, perché tu hai paura di fare un passo in più verso te stesso.
E finché sei così vulnerabile a consensi e critiche come puoi permetterti l’amore?
Non è forse un rischio, di vita e di morte, ancora più grande?
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