“Ti penso raramente” è una canzone tristallegrotta di Biagio Antonacci. Io l’ho sempre percepita anche ironica. Irriverente, come spesso in Biagio Antonacci, ma anche autoironica.
Se ti pensassi raramente non starei qui a lanciare e far rimbalzare per ogni canale radio il mio grido di (non) amore nell’etere, non starei a pensarlo, a dirlo, a goderne e a soffermarmici così tanto da scriverci una canzone.
Se davvero ti pensassi raramente sarebbe irrilevante, non starei a perder tempo a dirtelo come se fosse importante, come se mi mancassi.
Diciamocelo, mi manchi.
D’altra parte chi non lo dice? Diciamolo anche noi.
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Ma quanti altri senti ululare melodiosamente attorno al tema della solitudine… e del suo opposto complementare, dal maso al sado, la tanto ambita Rivalsa. Mi hai abbandonato malandrino. Ma sarai mio!
Quasi tutti. Un coro unidirezionale, una intera umanità ondeggiante e dolente.
È il cardine del sentimento, il nòcciolo della questione umana si direbbe, l’essenza dell’artista narcisista, dell’essere umano narcisista, dell’essere umano bambino.
Ma se è vero che l’umanità nel suo complesso, come sostengono i Maestri di Shamballa (secondo le testimonianze di Anne Givaudan) sta partorendosi cercando di uscire dalla sua fase prepuberale, se è vero come lo ritengo vero anche io… non a caso tutti si riconoscono, tutti si identificano. E basta che una canzone inizi con “Marco se n’è andato e non ritorna più” che da Sanremo fa il giro del mondo. Per non dire cosa non è stato il successo del primo album di Tiziano Ferro. Distillato di masochismo che mai fu più esportabile. Abbiamo ubriacato, ipnotizzato, stordito il mondo. Buon karma ci colga.

Una mia amica mi ha confessato che lei non ha mai detto “Mi manchi”. Io non ho mai detto neanche “Ti amo” ma queste sono altre storie.
Che significa “mi manchi”?
Ha ragione la mia amica. La vita non è monca. Non le mancano pezzi. Io sono intera. Quando ci sei sono felice con te. Quando non ci sei sono felice con me, o magari con altri, in mille modi, tutti i modi che mi offre la mia vita. La vita offre tutto ciò che posso prendere, offre tutto ciò che si allinea al mio personale cammino di Crescita. La Vita è perfetta. L’unica cosa a volte difficile è vederne e assaporarne la sublime armonia.
Che significa “mi manchi”? Che devo stare sempre e solo attaccato alla tetta di mamma? Non posso staccarmi, andare per il mondo, ed esser felice uguale?
L’amore l’ho preso, l’amore l’ho prodotto, l’amore è mio, dentro di me, sono io. Ora sono pieno e sono libero. Posso andare. Posso essere. Non mi manchi perché ti ho. E ti ho che tu lo voglia o no perché fai parte di me. Io sono anche lo squisito amore che ci unisce.
“Mi manchi”, in soldoni, è lamentarsi a vanvera. Entrambi, lamentarsi e vanvera, peccati mortali, veleni immorali e letali.
Mnnn non ci siamo…

Ma siamo concreti! Andiamo per comparazioni antropologiche sul tema “cosa mi manca di te…” ;)
Tra Fausto Leali e Aka 7even le motivazioni sono convincenti. “Mi togli stanchezza.” “Mi dai piacere.”… Ci manca solo “Mi lavi i calzini”. Ehh per forza che se non ci sei mi manchi!
I Pooh puntualizzano sagaci: “Mi manca il meglio di me”. Insomma se te ne devi proprio andare almeno lasciami in eredità uno specchio rosa in modo che mi possa vedere con la scritta in sovrimpressione “bravo”.
Eduardo De Crescenzo, quello che poi non ha fatto più l’amore poveretto, recrimina acido. Tanto qualsiasi cosa è colpa tua.
Loredana Berté, pratica, racconta “Ora che sei andato via ho chiamato per sentire la tua voce e se hai cambiato idea“. Non si sa mai.
I Negramaro, in una canzone incendiaria, travolgente e folle come una taranta, che dal numero delle ripetizioni della parola “morire” si direbbe piuttosto un sabba, gridano che in fondo ciò che li possiede è “solo voglia di sapere e SENTIRE ancora che mi manchi“. E, lo riconosco, sono sinceri e acuti. Hanno ragione. È più facile sentire dolore che sentire amore, gioia, estasi.
Chi non è capace di SENTIRE, ha bisogno di dolore. Più comodo se onanistico. Un dolore abissale. Per provare in qualche modo a figurarsi che cosa sia il Sublime. E questo è solo l’introduzione al prologo dei 14 volumi de “Le Mille Virtù del Masochismo”, a cui rimando gli appassionati del genere.
Simone Cristicchi dice candido che Mi manchi perché non ti ho e non ti ho mai avuto perché non ti ho mai parlato. Evviva.
Ma in un eccesso di esuberanza poetica inizia la canzone con versi meravigliosi e magnetici che trasudano verità. “Mi manchi come manca il mare a un’isola, come ad un bottone l’asola, come a un mese il calendario e a un teatro il suo sipario a una suora il suo rosario come le ali a un aeroplano…”
L’ho ascoltato e ho detto: che bello ho ragione io. Non mi manchi. Non puoi mancarmi. Siamo in un mare eterno di felicità. E questa è la dimostrazione. È proprio come dici tu, Simone. Un’isola è tale, per definizione, perché circondata da acqua. Un teatro non esiste senza sipario. Un mese non è concepibile se non dentro a un calendario… E un aereo poi, che cos’è senza ali!? No, non mi manchi. Mi costituisci, mi costruisci, sei parte della mia Bellezza, una parte bellissima. Grazie Simone, ho ragione io, lo scriverò in un articolo sul mio blog.
Per ultimo mi sono tenuta il buon vecchio Vecchioni, il prof che non sa mentire. Sapevo che potevo fare affidamento su di lui. E lui dichiara. “Ma finché canto ti ho davanti. Gli anni sono solo dei momenti. Tu sei sempre stata qui davanti.”
Ogni cosa cade (in piedi) nel suo spazio-tempo perfetto nella pluridimensionale scacchiera della vita, e porta le sue benedizioni. E queste benedizioni sono lì, da sempre e per sempre, a tua disposizione.
E tu fluisci, libero, tra ricordi passati e ricordi futuri, e puoi prendere e puoi dare…
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Nell’agosto del 2016 ho offerto una promozione speciale per consulti scritti su problematiche d’amore e sono uscite storie bellissime, di persone pronte a mettersi in gioco, desiderose di chiarezza e conoscenza e strumenti nuovi per avere a che fare con se stessi e con gli altri. In questo ebook le condivido con te in forma anonima.