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Leggi anche Cara Cenerentola, dimmi come hai fatto (Parte 1), se non conosci ancora la prima parte della storia.

Cara Cenerentola,

Da noi sei conosciuta come una maga e mi hai sempre fatto una certa soggezione, così bella e potente. Ho sempre evitato di pensare di essere come te o anche di confrontarmi con te. Sai fare incantesimi, hai avuto successo e l’hai avuto proprio grazie alle tue capacità, capacità non da poco e misteriose.
Ho preferito sempre sentirmi Biancaneve, una eterna bambina che ne sbaglia una dietro l’altra e poi quando raggiunge il colmo degli errori cade in transe e sogna il Principe (o l’incontra davvero? Magari per buon karma. Che si dice dalle tue parti?)
Adesso non posso più ignorarti perché improvvisamente mi sono trovata ad essere come te. Il Destino, la necessità, mi ha portato, mi ha forzato, per 21 giorni, una reale iniziazione, a soffrire il freddo in una dependance della servitù, badare a tutta la casa, creare e custodire il fuoco tutti i giorni, parlare con topi e ragni, con una terribile compagna. Ne sono uscita. Ma non sono ancora Principessa né Regina. Ah, sono ben lungi. Ti scrivo perché a questo punto non posso evitare di cercarti, mi piacerebbe tanto conoscerti e vorrei tanto sapere come tu hai fatto. Non ho potuto evitare di cercarti ora. Ora che sono come te. Nella parte cattiva. Io ho sofferto tanto. E voglio approfittarne per imparare al massimo. Ed entrare nella parte buona della favola.

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CONTINUING…

Cara Silvia,

Permettimi di continuare la mia lettera.
Vedi… non è mai stata colpa mia. Ho sempre cercato di fare del mio meglio. Non ho mai fatto del male a nessuno. Per lo meno in questa vita. Ma non divaghiamo. Se non mi fossi trovata in questa penosa situazione non avrei mai potuto abituarmi ad essa, percepirla come normale, regolare, consueta, senza alternative. Se non fossi cresciuta in questa terribile situazione di oppressione e umiliazione non avrei mai assorbito la sensazione di meritarmela, di non potere immaginare e chiedere nulla di meglio per me, la sensazione che forse era colpa mia, che mi conveniva starci e starci bene. Ero il brutto anatroccolo, neanche una ragazza, ero un pugno di cenere, una cenerentola. Se avessi avuto anche solo un minimo di autostima non avrei permesso di trattarmi così. Non so cosa avrei fatto ma non sarebbe mai successo. Le persone intorno a te lo sentono, anche se non lo sanno, lo sentono come possono comportarsi in tua presenza, fino a dove possono spingersi, se ti devono trattare con rispetto o meno. Non è mai stata colpa mia. Ma è stata mia responsabilità. Questo sì. Ora lo posso dire. Ora che posso testimoniare che ne sono uscita perché mi sono assunta la responsabilità della mia condizione, delle mie scelte, della mia vita.

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Ora sono una leggenda, “la-storia-di-Cenerentola”. Si dicono un sacco di cose di me. Fate che scendono dal Cielo, aprono zucche… No no, ragazza mia, nessuno mi ha mai aiutato. Ero sola. Come eri sola tu. Come sei sola tu. Sono rimasta sola. Sola con me stessa. Povera. Ricchissima. In compagnia della persona più importante per me, l’unica che potesse fare la differenza: IO.
Si racconta che la matrigna mi diede compiti impossibili, sfide che era sicura non avrei mai superato. Non le sapeva superare lei. Io avevo capacità di osservazione, discernimento. Non mi si poteva confondere, ingannare. Ero attenta, sveglissima, potevo orientarmi. Rispondevo a ogni sua richiesta, anche le più folli. Ero mossa da un ardore… tutto il mio corpo ne era nutrito e illuminato. La leggenda tramanda che mi fece separare ceste intere di lenticchie tra buone e cattive. E che gli uccellini lo fecero per me, con me. Ah si, gli uccellini, il mio potere. Che storia! La verità è che lei faceva di tutto per disorientarmi, demoralizzarmi, spegnermi. Voleva che fossi io a rinunciare, una volta per tutte, per sempre. Io ero ferma nei miei propositi, nella mia chiarezza. Lei fu ferma nei suoi NO. Senza spiegazioni, senz’appello.

Così è la vita. Ci sono sempre tante parti del mondo, tante parti di noi che ci tengono ferme, in catene. Fino a che noi accumuliamo intelligenza, forza, amore e volontà. Allora siamo invincibili. Non lo sappiamo ancora. Ma non riusciamo più a trattenerci. Allora ci si prova. Si prova il tutto per tutto…

Capii che non potevo continuare a chiedere a una fonte prosciugata. E mi allontanai. Ma non abbandonai la speranza. La vera follia era la mia tenacia, la mia volontà. La mia salvezza fu il mio insopprimibile desiderio.
Ero giunta al limite della sopportazione. Ero intenzionata a superarlo!
Quanto a lungo ero rimasta invisibile, inudibile, intoccabile? Troppo. Non era stato vano. Avevo imparato a osservare e vedere, a immaginare e a pensare, pensare logicamente e pensare creativamente, a capire le persone, a capire come funzionavano, a capire il loro valore e infine, finalmente, a capire il mio di valore. Avevo anche imparato a essere invisibile e inudibile ma a mio vantaggio. Ma andiamo con ordine.

Cara Cenerentola, dimmi come hai fatto (Parte 2) + Silvia Pedri
No copyright infringement intended. DM for credits or removal.

Il cambiamento sembra un miracolo, una bacchetta magica che trasforma le zucche una prodigiosa apparizione. Ma i miracoli sono solo maturazioni di processi a lungo coltivati. Ero cresciuta. Vivevo ancora nelle stesse sordide stanze in compagnia dei topolini ma dentro di me iniziavo a immaginarmi tra magnifici cavalli, liberi, selvaggi, incontenibili, audaci, spontanei, potenti. Erano loro adesso i miei amici, il mio potere, le mie ispirazioni, le mie aspirazioni. Li sentivo dentro di me. Erano loro a portarmi lontano. La mia energia era cambiata. Volevo di più. Volevo tutto.
Mi immaginai elegante e sontuosa, immaginai che tutto il mio erotismo, la mia voglia e gioia di vivere potesse trovare espressione. Che espressione avrebbe avuto? Chi sarei mai stata? Chi ero io?
Avevo il coraggio di immaginarmi elegante e sontuosa per più di tre secondi?
Iniziai a guardare le mie forme con altri occhi. Ero davvero così goffa, una zucca o un fagotto? O mi era stato regalato un corpo florido che permetteva a un nuovo, inedito fascino di sbocciare, debordare, scoprirsi, sorprendermi e sorprendere? Perché tutti cercavano di annientarmi, me inclusa? Di che avevano paura? Di che cosa avevo paura? Forse l’intensità che sentivo dentro e che cercavo di controllare era un magnetismo, un potere personale, che mi avrebbe travolto, un piacere, una gioia estatica, una felicità, che mi avrebbe portato lontano, che mi avrebbe dato la Libertà tanto agognata, che mi avrebbe condotto a me stessa, che mi avrebbe mostrato me stessa?
Dovevo accettare la morte del mio Futuro, mantenendomi castrata? O piuttosto dovevo accettare la morte del mio passato, del mio io di bambina brutta e cattiva, impotente, indegno, incapace di prendere le redini del proprio destino, del proprio desiderio, del proprio successo, della propria piena felicità?
Avevo il coraggio di morire e di rinascere? Avevo il coraggio di cambiare, di perseverare nel mio desiderio e nel mio intento?
Insomma ne avevo abbastanza di soffrire? O ne volevo ancora un po’?

Non era forse ciò che temevo esattamente ciò che desideravo?
Dovevo vergognarmi, del mio corpo, della mia personalità, di qualsiasi cosa? O avrei potuto piuttosto goderne?? Non ero forse io parte di tanto amore, di tanta vita, di tanta Bellezza, di tutto ciò che anima la Natura, intorno a me, appena fuori dalla vergogna del mio tugurio e dalla vergogna del mio corpo!??
Ero IO.
Che cosa avrei potuto temere? Ero solo parte della Vita, della Vita della Natura, della Forza dell’Amore!
L’amore mi avrebbe salvato. L’amore mi avrebbe protetto. L’amore mi avrebbe guidato.

Sì, avevo sofferto abbastanza. Avevo capito che non era colpa mia. Avevo capito che era mia responsabilità non sottostare alle perversioni mie e altrui e non sottostare ai limiti che io stessa mi ponevo. Dovevo andare, fare un passo dentro all’ignoto. Oltre la paura.
Sarei stata paziente. Ma non avrei mollato. Pregavo forte. E chi prega forte e consapevolmente chiede a una Fonte inesauribile. Ah, questa è Magia!
Le cose accadono. Perché hanno la forza per accadere. Non vedono l’ora di potere accadere.
Poi le chiami “miracoli”.

Imparai a sentire la mia forza, la mia bellezza, il mio piacere. Imparai a coltivarli. Di nascosto. Per mostrarli. Al momento giusto.

E quando seppi dove si teneva il Grande Ballo, il Grande Oggetto del mio Desiderio, scappai. E non di paura ma di avventura. Scappai di casa e corsi al Ballo. Senza chiedere il permesso a nessuno.

Al Grande Ballo tutti mi guardavano. E io non sapevo, non potevo capire, se mi guardavano perché ero bella perché ero brutta o perché ero strana. Certo avevo osato fare da me, coi mezzi che avevo, con la creatività che avevo. Strana ero sicuramente strana. Originale. Come si dice oggi, un tipo.

Sembrava tutti gli occhi fossero puntati su di me. In certi momenti divento paranoica. Ma feci finta di nulla. Avevo rubato cioè preso in prestito delle scarpette alle mie sorellastre. Molto preziose. Loro non si erano accorte di nulla. A loro non andavano più. Io non ero abituata a indossarle. Non avevo mai indossato scarpette col tacco. Erano morbide però, belle, comode. Chissà che andatura mi davano. Era divertente. Non riuscivo a smettere di muovermi, di ballare, di ridere, sorridere, di esplorare il meraviglioso castello, di correre qua e là, fluire e veleggiare di qua e di là per tutte le stanze, con il mio ampio vestito… Quando il principe mi vide ormai mi sentivo quasi a mio agio. Ero così felice. Era tutto così nuovo e meraviglioso. Ero così fuori di me, della mia vecchia me. Tutto poteva succedere. Tutto. Tutto ciò che era al di fuori di me, del mio mondo fino ad allora conosciuto, della mia esperienza, perfino della mia immaginazione. Ormai c’ero. E non potevo più tornare indietro. E non lo avrei fatto per nessun motivo al mondo.
Ero come ubriaca. Avrei potuto fare qualsiasi cosa. Perfino ballare con lui. Perfino…

Cara Cenerentola, dimmi come hai fatto (Parte 2) + Silvia Pedri
No copyright infringement intended. DM for credits or removal.

Ma non dovevo farmi riconoscere. Penserai che ormai mi avevano notato tutti, che ormai mi ero compromessa. Ma no. Le sorellastre non mi avevano riconosciuto. Non avrebbero mai potuto. Ero fuori, fuori di me, fuori dai miei abiti, dai miei modi, fuori dal mio vecchio mondo, fuori anche dal loro mondo.
Dovevo passare inosservata, prima di tutto a me stessa. Tutto doveva tornare come prima.

Capita spesso così. Si assapora la Felicità. Poi si scappa. Non ci si sa stare. È un luogo spaventoso la felicità. Si ha paura. Paura che non funzioni. Paura che funzioni. Paura di non essere all’altezza. Paura di non essere pronti. Paura dell’ignoto. Di sicuro non siamo pronti. È tutto talmente nuovo… Ne siamo travolti. Ne saremo distrutti.
Potevo davvero io avere tutto? Tutto il Successo e la Felicità che desideravo erano a mia disposizione? Era così facile!? Così fuori controllo? Bastava essere… Bastava esserci…
Tutto doveva tornare come prima. Come non fosse mai stato.
E così fu. Scappai. Scappai dal Ballo, dal Piacere, scappai dall’Amore, dal Futuro. Scappai per non tornare più.

Non avevo tenuto conto di una cosa. Che il corpo non dimentica. Lo Spirito non dimentica. Che da quel Principe che mi aveva risvegliato dal mio letargo, che mi aveva fatto sperimentare stanze del mio io e della mia vita che non avrei mai potuto immaginare, che mi aveva fatto sognare, sentire e vibrare, aperto Mondi… io da quel Principe ci avevo lasciato il cuore. Mi aveva rubato il cuore. Tutta me stessa, tutto il mio desiderio.
E una scarpetta.
Troppo bene ci stavo in quelle scarpe, nella mia vita rubata! Forse era una vita più grande di me. Forse era giusto che mi sfuggisse.

Ma non avevo tenuto conto di una cosa. Io ero diventata più grande. Non ero più la stessa. E non lo sarei stata mai più.

E poi… E poi…

E poi è la Vita stessa che ti rincorre. La sai la storia della scarpetta. Insomma la vita ti rincorre e ti perseguita perché esige di essere vissuta.

Tu mi chiedi come ho fatto.

È una favola che gira in loop. Immagina una spirale ascendente, infinita, che passa, in modi diversi, continuamente attraverso tre punti: 1) desideri ardentemente. 2) fai tutto il possibile e sei pronta a tutto, perché adesso non ne puoi più. Lo vuoi davvero. 3) cogli le opportunità che la Vita, nella tua nuova Direzione, generosamente ti offre. Con coraggio un passo dopo l’altro, nel vuoto. E via di nuovo punto uno, punto due, punto tre…

Chiamala se vuoi “Magia”, uccellini che parlano con topine e cavalli Ma sì, sono tutte parti di te. Io l’ho sempre chiamata CONNESSIONE CON SE STESSI.

È inevitabile guarda. Da te stessa/o non puoi scappare. Devi avere il coraggio di guardarti in faccia. Assumerti la responsabilità della tua particolare, unica, Bellezza.

È così che, a poco a poco, impari a scoprire, accettare e padroneggiare il cavallo pazzo delle tue pulsioni e dei tuoi talenti.

E a quel punto non ne hai più paura. A quel punto non uno ma più cavalli ti trasportano per reami mai visti. A quel punto puoi lasciare che sia il Successo che ti meriti.

THE END



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Leggi anche il mio precedente articolo: Cara Cenerentola, dimmi come hai fatto (Parte 1)


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Author

Silvia Pedri esplora la vita liberamente e ne comunica la potenza in modi artistici. Frequenta temi spirituali con esperienza e padronanza. Gestisce un blog di crescita personale, offre consulti, scrive, dipinge, fotografa, autoproduce ebook di romanzi, saggi e poesie, crea mp3 di musica e di meditazioni e crea video in cui recita e canta. Se vuoi sapere di più sulle sue competenze, clicca sull'icona di LinkedIn.

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